venerdì 28 settembre 2012

Scuola: quale orario? Insegnanti o genitori?

Al momento di iscrivere a scuola i miei due figli, in particolare il minore che aveva problemi di disprassia ed il cui percorso scolastico si preannunciava impervio, mi sono chiesta quale potesse essere la scelta più adatta alle loro esigenze: per entrambi ho optato per un orario ridotto, il cosiddetto "modulo" che prevede solo due o tre pomeriggi a scuola.
L'ho fatto perché, pur sapendo che esistono tanti bravissimi insegnanti , purtroppo non ho piena fiducia nel sistema scolastico, che vedo per troppi aspetti superato e dedito spesso a riempire le menti di nozioni, più che a scovarne potenzialità ed a sviluppare passioni.
Con un bambino disprassico, disprassia che seppur lieve comporta diversi problemi a livello scolastico, la scelta era ulteriormente motivata, perché con la presenza di dislessia e disgrafia il supporto del lavoro a casa era ed è  indispensabile.
Nella scuola la didattica è standardizzata generalmente su bambini che non presentano problemi, certo esistono anche dei corsi di recupero, ma questi momenti sono pochi, viste le difficoltà economiche della scuola italiana,  e spesso non sufficienti a risolvere le difficoltà degli studenti.
Anche piccoli aspetti del quotidiano scolastico per mio figlio potevano e possono essere di ostacolo, ovviamente ogni bambino con DSA è un caso a sé, con problematiche e soluzioni diverse. 
Mio figlio ad esempio è molto sensibile al rumore, pur essendo di suo un bambino vivace e quindi chiassoso, non sopporta suoni intensi ed  il chiasso della classe  è tra questi, spesso rientra con il mal di testa ed un grande nervosismo: ovviamente in tale situazione non è facile partecipare alle lezioni, anche per chi non ha disturbi di apprendimento, figuriamoci quando un bambino per scrivere, incolonnare ecc... impiega buona parte delle sue energie.
Nonostante abbia una intelligenza vivace, come molti altri ragazzini con disturbi specifici di apprendimento, spesso per lui è faticoso seguire il lavoro scolastico, ad esempio dovendo scrivere a lungo si stanca: sa che può non finire, che la maestra non gli dirà nulla, ma lui si affanna ugualmente, perché vuole essere come gli altri. Sinceramente io credo che tutti potrebbero fare a meno di scrivere così tanto, ma la situazione è questa e al momento gli insegnanti non ci sentono da quell'orecchio. Certe volte basta una mattinata piena di verifiche o con tante spiegazioni da seguire, tutto sommato abbastanza comune a scuola, perché torni a casa estenuato.
Mio figlio ha dei tempi personali, fatti di pause per ritrovare le energie, per far correre la fantasia, il pensiero dietro i suoi interessi e fantasie. Tempi che non definisco "lunghi" oppure "lenti", parole con una connotazione negativa, io li chiamo i tempi della calma, per trovare le parole, la traccia utile per imparare.
Questo tempo la scuola non lo concede, quando si ha diritto ad averlo è un momento che ti divide dagli altri, che diciamolo, il più delle volte ti vedono come diverso, e molti bambini non lo accettano facilmente.
Nelle ore che mio figlio ha potuto trascorrere a casa, siamo intervenuti là dove era necessario, l'apprendimento della lettura e scrittura nei primi anni, poi in quarta ed ora in quinta per elaborare sintesi e schemi dei tanti, tanti, (forse troppi?) argomenti da studiare. 
La maestra spiega benissimo, il ragazzo capisce come i suoi compagni, ma quando è il momento di organizzare il tutto nella mente per la verifica o l'interrogazione, allora arriva la necessità di lavorare come a scuola non hanno fatto, visualizzare la materia in modo differente, insomma trovare  il modo giusto per lui, perché le conoscenze possano emergere. Si potrebbe anche fare a scuola, magari con l'ausilio di strumenti informatici, e sono certa che sarebbe utile per tutti, ma ancora una volta non è la normale prassi.
Dobbiamo  anche aggiungere il tempo necessario a spiegargli perché per lui è così difficile, rincuorare, incoraggiare, mostrare i punti di forza e dire il motivo per cui a scuola quelle capacità non meritino un voto maggiore: perché chi ha studiato mnemonicamente e riesce a sciorinare per scritto o orale una bella sfilza di nozioni ottenga dieci e lui, che invece si è davvero appropriato di quell'argomento, che sa anche più di quello che è scritto sul libro, ma deve andare a cercare le parole nella sua mente e quindi espone con incertezza oppure scrive le risposte in modo schematico abbia un voto inferiore. Sì perché per i bambini il voto è importante, li confrontano ed è inutile dire che per noi non sono importanti, per lui lo sono:  a scuola i voti sarebbe bene non ci fossero, ma oggi è indispensabile valutare ed incasellare, non si discute.
Il tempo necessario a fare tutto questo lo abbiamo sottratto a quello trascorso a scuola, e sono fortunata ad aver potuto compiere questa scelta, ma è stato faticoso e davvero spesso sono rammaricata di non poter essere solo la sua mamma, ma anche e sempre la maestra che insiste, insiste. 
Altri genitori questo lavoro lo fanno quando i figli escono da scuola, nel fine settimana, ma qualunque siano i momenti scelti la fatica, l'impegno sono eguali per tutti.
Certo sarebbe bello se la scuola fosse più duttile e sperimentasse nuove didattiche volte a non escludere nessuno, ma purtroppo al momento questo è raro, forse migliorerà e noi potremo tornare ad essere solo genitori.

mercoledì 26 settembre 2012

Disprassia: il problema di mio figlio.


 

Mio figlio è disprattico.
Questo lo porta ad avere problemi di dislessia, disgrafia ecc.., disturbi per lui  di origine "secondaria" perché a differenza di un ragazzo con DSA primaria la causa delle sue difficoltà è là, nella disprassia, di cui il goffo  Pippo è il simbolo.
DI COSA SI TRATTA: La disprassia è un disturbo della coordinazione motoria, questo comporta che le prestazioni le quali implichino una coordinazione motoria (fine o grosso motoria) risultino difficoltose e al di sotto di quello che dovrebbero essere per l'età e le abilità intellettive del bambino. Insomma sono quei bambini goffi e maldestri, che sembrano essere sempre di qualche anno più giovani (il che in questo caso non è desiderabile, purtroppo).
Le cause della disprassia ad oggi non sono chiare, sembrerebbe da imputare ad una immaturità di sviluppo del sistema neuronale centrale, ma come mamma sinceramente poco mi importa.
I bambini disprattici sono all'incirca il 6% della popolazione del nostro paese compresa tra i 6 e gli 11 anni. I maschi lo sono più frequentemente delle bambine.
Si tratta di bambini con una intelligenza nella norma e spesso al di sopra di essa.
Per un bambino disprattico può essere difficile compiere molte o solo alcune delle normali attività quotidiane.
Può avere difficoltà a vestirsi seguendo il giusto ordine, ad allacciarsi le scarpe, ad impugnare correttamente le posate, a riempire il bicchiere senza versare l'acqua, insomma a compiere tutte quelle azioni che richiedono una sequenza di movimenti, semplice per noi, ma difficilissima per un ragazzino disprattico. Può anche trovare difficile fare le scale, giocare a palla ...
L'attività motoria può essere per il bambino apparentemente facile e svolta con rapidità e potenza, ma nel momento in cui deve essere finalizzata ad uno scopo, quando richiede precisione nel movimento e nella gestione dello spazio, risulta scoordinata e spesso associata a movimenti non necessari, in eccesso, io dico che mio figlio nel movimento è "rindondante", se corre lo fa velocemente, ma amplifica l'atto con una quantità di movimenti inutili che di fatto riducono l'efficacia del suo sforzo. Questa caratteristica può essere un problema nelle attività sportive, che spesso non gratificano il ragazzo e non favoriscono l'instaurarsi di rapporti di amicizia.
La disprassia comporta anche delle difficoltà nella vita scolastica, più evidenti nel periodo riguardante le elementari e le medie.
Per un ragazzino disprattico può essere arduo tenere in ordine i quaderni, copiare dalla lavagna e/o da libri e quaderni, perché ad essere difficoltosa è la coordinazione oculo-motoria.
Possono esserci difficoltà:

  • nella lettura, presentando quindi dislessia
  • nello scrivere e nel disegno,perché è carente la coordinazione occhio-mano
  • in matematica
  • nella memorizzazione.
Poiché queste sono le stesse difficoltà che presentano i bambini con DSA anche i disprattici possono usufruire della legge 170/10.
COSA FARE: Parte del percorso da compiere con un bambino disprattico coincide comunque con il lottare con la dislessia, la disgrafia ecc.., anche psicologicamente i bambini hanno lo stesso bisogno di essere rassicurati ed è sempre necessario far leva sui loro punti di forza.
Tuttavia ci sono implicazioni nella vita pratica di cui si deve tener conto, per rendere ai nostri figli un po' più semplice il cammino verso l'autonomia.
Ad esempio io ho semplificato alcune procedure che per il mio bambino potevano essere fonte di ansia e le ho messe alla sua portata: lui sa allacciarsi le scarpe, ma con tempi lunghi e alcuni nodi di troppo, così oggi porta scarpe da ginnastica come i ragazzi più grandi, slacciate, è semplice e veloce ed è contento, poi quando lo desidera le allaccia, con il tempo che serve e qualche nodo un po' complicato.
Per quanto riguarda i vestiti io li preparo sovrapposti nell'esatto ordine con il quale li indosserà, slip, maglietta e così via, dapprima con la parte posteriore rivolta verso l'alto, cosicché siano solo da prendere e da infilare, generalmente oggi riesce a far a meno di questo aiuto, ma sino allo scorso anno è stato utile.
A tavola cerco di evitare bicchieri dall'equilibrio incerto o fragili.
Naturalmente quando qualcosa si rovescia, faccio finta di nulla e  sdrammatizzo.
Poi ci sono stati aiuti più specifici, di terapia motoria. In particolare abbiamo lavorato per migliorare  consapevolezza del proprio corpo, e questo lo ha aiutato a migliorare la grafia e penso anche la lettura. Sono stati tanti i momenti trascorsi a sottolineargli, toccandolo e facendolo toccare, sentire da solo, quali parti del suo corpo fossero coinvolte nel momento in cui scriveva: "come è messa la spalla, il braccio il polso mentre scrivi?" , " e se prendi questa posizione più corretta, non senti minore rigidità?". Insomma ha appreso a livello cognitivo quelle sequenze necessarie a tenere la penna e poi a scrivere, che per noi sono immediate, naturali.
Così è stato per imparare a scrivere ogni singola lettera, gli abbiamo fatto notare vedere quale era il movimento giusto da compiere, la sequenza più rapida e tante volte povero piccolo mi faceva pena con tutta la sua fatica: oggi la sua grafia è migliorata, anche se per lui scrivere è sempre una fatica immane, ed io mi rendo conto come sia un atto "cosciente" e non automatico, e quindi più lento e faticoso.
Per quanto riguarda lo studio puntiamo molto sulla visualizzazione mentale della materia.
I progressi sono stati tanti, ma la sua fatica e spesso, spessissimo la frustrazione grandi.
Lo sport è anch'esso un punto delicato, perché gli sport di squadra possono risultare deludenti per un bambino che abbia difficoltà a seguire il movimento del gruppo, infatti al momento pratica una attivià individuale e scarsamente competitiva, l'atletica leggera. Io spesso lo osservo durante gli allenamenti e  al fianco della sua innegabile potenza fisica ( io la definisco così) vedo ancora tanti, troppi movimenti inutili che lo impacciano, ma con il tempo mi dico migliorerà.
Sempre di grande aiuto per la sua autostima è la rassegna di personaggi famosi e disprattici. Tom Cruise, Carl Lewis, Magic Johnson, Vincent Van Gogh ed efficacissimo con i bambini Daniel Radcliffe, ovvero Harry Potter.

Per avere maggiori informazioni sulla disprassia, essendo io solo una mamma e non uno specialista, vi consiglio:
http://www.aidee.it/index.php il sito dell'Associazione Italiana dell'Età Evolutiva,
http://www.disprassia.org/ dove trovate anche un interessante forum,
http://www.dyspraxiafoundation.org.uk/

lunedì 24 settembre 2012

Compiti a casa:imparare meno, imparare meglio

Primo fine settimana con i compiti per mio figlio in quinta elementare: pochi questa volta, ma vista l'esperienza degli anni precedenti so che non durerà.
Sarà perché sono pur sempre un'insegnante, anche se "dismessa" come sono solita dire, ma per me è sempre stato importante seguire i miei figli nello studio, ed infatti per entrambi non scelsi il tempo pieno.
Essendo  coinvolta in primissima persona nella loro avventura scolastica, ancor maggiormente nel caso del piccolo a causa dei suoi disturbi specifici di apprendimento, mi interrogo sul senso del fare i compiti.
Quanti, come? Sono proprio necessari tutti?
Sicuramente molti bambini senza problemi di DSA riescono a svolgere con facilità una mole di lavoro notevole, con genitori contenti, fortunati loro, ma altri, genitori e figli,  felici  non sono  e difficoltà ne trovano... perché il discorso compiti accomuna tutti, in fin dei conti.
In ogni caso mio figlio ovviamente necessita  di maggiore tempo per i compiti, per lo studio, ed anche di metodi personalizzati.
Quindi ho deciso che quest'anno studierà meno per studiare meglio. 
Ho un mio progetto di lavoro.
Ritengo importante che impari e rafforzi alcuni aspetti della sua preparazione:
  • La grammatica, ci sono nozioni, ad esempio di analisi grammaticale, importanti per il futuro scolastico, lui le possiede in modo confuso e quindi cercheremo di fissarle in mente.
  • Apprendere terminologie specifiche, appropriate per le varie discipline, così avrà un bagaglio di parole che gli permetterà di orientarsi, memorizzare ed esporre con più sicurezza.
  • Migliorare capacità fondamentali come quella di individuare le cause di un fatto e le sue conseguenze, stabilire semplici relazioni in ciò che studia, orientarsi sulla linea del tempo, sempre difficile e non solo per i ragazzi con DSA.
  • Svolgere calcoli e problemi non velocemente e in grande quantità, ma comprendendo il metodo da utilizzare per giungere alla soluzione.
Per fare tutto questo, che so essere alla sua portata, svolgerà una quantità inferiore di compiti  e talvolta rimarrà casa per studiare.
Insomma ho deciso di sfrondare il suo anno scolastico da ciò che non gli è utile.
Perché i suoi tempi sono lunghi, perché ha bisogno di pause frequenti e poi perché io sono convinta che per studiare bene ci voglia tempo, per tutti.
Chiarito questo a me stessa e a lui, via a lavorare con mappe mentali, schemi per evidenziare singolarmente ogni elemento da studiare,. anzi in cartoleria ho già acquistato cartoncini di tutti i colori da usare per visualizzare con chiarezza i vari argomenti,  poi li appenderò per la casa, così li avrà sempre a portata d' occhi e di mente, questo metodo negli anni passati ci ha aiutati parecchio, oltre a colorare la casa.
Personalmente credo che una scuola meno ricca di nozioni, senza l'assillo del programma da svolgere sarebbe utile a tutti i ragazzi, ma oggi non è così ed allora mi dico che in fin dei conti i disturbi specifici di apprendimento di mio figlio, se per tanti aspetti gli rendono difficile la vita,  gli consentono però di acquisire strategie di studio efficaci e soprattutto di prendersi il tempo necessario ad imparare, a riflettere, la più grande ricchezza, il miglior insegnamento da trarre dalla scuola.
Pensando questo immagino che la sua fatica sarà più lieve.